Ciao,
ho scritto diverse settimane fa su questo sportello ed ho parlato delle mie poco felici socializzazioni nel corso della mia crescita e delle mie preoccupazioni e incertezze verso quelle future strettamente connesse all’imminente scelta che dovrò fare in tema universitario. Qualche giorno fa ho riletto la mia lettera e la vostra gentile ed empatica risposta così ho avuto desiderio di scrivervi ancora.. vorrei un parere spassionato su un capitolo specifico della mia socializzazione con gli altri, ovvero la frequentazione dei ragazzi. E’ innanzi tutto un argomento molto delicato e imbarazzante per me a tal punto che non mi sono sentita di trattare in modo sereno e aperto neanche con il mio psicologo, forse, sbagliando. Come scrissi la scorsa volta le uniche occasioni in cui ho avuto modo di frequentare dei ragazzi, in tutta la mia vita, con l’idea di conoscerli meglio e magari di iniziare una qualche storia sono state due: una a 17 anni quando un ragazzo, amico di mio fratello, mi ha contattata tramite facebook e l’ho sentito in chat per più di un mese prima di decidere di incontrarlo e un’altra risale a pochi mesi fa. Nel primo caso avevo visto il ragazzo in foto e non mi aveva particolarmente colpita, poi, a forza di scriverci e di insistere mi sono convinta che, come dicevano le persone che mi stavano vicine (sempre un po’ troppo coinvolte nei miei affari) potevo anche dargli almeno un’ occasione.. e un po’ per questo e un po’ perché per una volta volevo superare il mio limite, ovvero la paura di non sentirmi a mio agio vicino ad un ragazzo, ho deciso di vederlo. Non mi sono pentita perché, anche se è finita presto e con l’inizio della scuola, due mesi dopo, gli ho fatto capire che non ero abbastanza coinvolta e presa da lui per continuare a frequentarci, penso che mi abbia fatto una specie di iniezione di autostima questo corteggiamento. Con lui, però, sono stata sempre molto distante e se ci siamo baciati è stato perché, per una volta, volevo provare a lasciarmi andare ma non è stato un vero primo bacio non avendo provato nulla in particolare. Anche nel secondo caso non sono riuscita ad aprirmi un granché, ma a differenza della prima esperienza sono stata io a farmi spesso vedere, notare, anche se con delle scuse, per far si che fosse però lui a farsi avanti, alla fine. Almeno questa volta c’era un interesse di base, fisico, ma dopo le primissime frequentazioni mi sono accorta che i suoi modi di fare e di approcciarmi non mi piacevano e la sua personalità mi annoiava un poco. Anche questa uscita mi ha caricata moltissimo, ho persino ritrovato la voglia di uscire e contattare persone che non vedevo da tempo. In entrambi i casi mi sono sempre sentita molto in colpa, però, nel momento in cui mi accorgevo che da parte mia non ci sarebbe stato mai niente perché vedendoli molto coinvolti era come se avessi voluto compiacerli e poter essere altrettanto interessata per non deluderli, o farli rimanere male ma fortunatamente non potevo fingere interesse e naturalmente nessuno aveva un vitale bisogno di uscire con me! Anche se egoisticamente non desideravo e desidero altro che avere finalmente una persona che mi coinvolga e con la quale essere me stessa, confidarmi, e per la quale sentirmi unica per quella che sono.
Magari è proprio questo l’errore, ovvero che sono sempre troppo concentrata su di me, come anche sull’immagine che rimando di me agli altri perché non sono mai sicura di quale impressione io dia. Vorrei essere di più, miro sempre a una perfezione che penso essere il mio obbiettivo, raggiunto il quale potrò vivere felice come vorrei ma intanto mi perdo la gioia di mille incontri perché magari non mi sento al top e preferisco chiudermi dentro casa, non vivendo la mia vita.
Ho notato che mi mette in difficoltà sapere di piacere perché poi vivo nell’angoscia che sia meglio a mia volta farmi piacere chi mi apprezza così chiaramente, come per andare ‘sul sicuro’ e non rischiare di ferirmi neanche io con scommesse meno certe. Fortunatamente, però, non sono capace di arrivare a fingere così tanto. E’ certo che mi fa piacere sapere che qualcuno sia interessato a me, ma mi mette anche un sacco di ansia, in quanto poi non vorrei mai deludere, non vorrei mai che prendendo confidenza o diventando più disinvolta cambiasse quell’idea iniziale di me, così mi cristallizzo in quella famigerata distanza. Così il più delle volte parto convinta di non piacere, un pensiero che di sicuro non mi da’ carica ma che mi permette di rilassarmi e non sentirmi il peso di alcuna responsabilità sulle spalle… Non riesco assolutamente a capire come questo sciocco meccanismo sia entrato in moto nel mio cervello e come disinnescare il circolo vizioso dei miei pensieri negativi ma mi ricorda tanto il modo con cui mi approcciavo alla scuola e agli insegnanti, prendere bei voti mi rendeva felice sul momento, ma poi si trasformava in un pretesto per pretendere da parte mia di non scendere al di sotto quella maledetta ‘asticella’.
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Cara Sirenella,
ben trovata e grazie per la fiducia che ci riponi. Ci sorprende che tu non riesca a fare lo stesso con il tuo psicologo, la persona con cui dovresti abbattere tutte le barriere e tirare fuori le tue reali paure, senza filtri, perché solo così, con una buona alleanza terapeutica, il lavoro può funzionare. Prova a rifletterci, è importante che tu ti senta libera di esprimerti, ricordati che il setting terapeutico è uno spazio protetto e avulso da giudizio.
Detto ciò, a noi fa piacere ascoltarti e poterti offrire degli spunti di riflessione, che chiaramente non possono sostituire un lavoro più profondo come quello che hai intrapreso (non abbiamo ben capire se è concluso o in itinere).
Da ciò che dici, ci sembra di capire che pretendi sempre molto da te stessa e che questo modello interno, interiorizzato sin da piccola e legato alle tue relazioni primarie, non ti permetta di essere autenticamente te stessa, creando una distanza tra te e l’altro. Chiaramente, solo puntando in “basso” puoi eludere il rifiuto, ma il rischio è di perdere l’interesse strada facendo e la motivazione nel stare dentro la relazione. Probabilmente ancora non ti sei liberata da questi aspetti di dipendenza parentale e ancora non sei autonoma emotivamente, perché tu riesca ad approcciarti spontaneamente all’altro. Quella di prenderti un anno sabatico più che una scelta è stata una non scelta, ora devi capire cosa vuoi fare. Riteniamo che sia importante che tu capisca davvero cosa ti renda felice e quale strada desideri intraprendere, è possibile che entrando in contatto con gli aspetti più veri di te tu riesca a uscire fuori dal bozzolo e diventare farfalla.
Noi torniamo a settembre se vuoi scriverci ancora!
Ti auguriamo buone vacanze!
,Sirenella, 19 anni,26-07-2013,Relazioni di coppia